Nel momento in cui si affaccia sulla finestra aperta di Zoom, Simona Cavallari rivela di vivere un periodo di trasformazione e rinnovamento. «Sto finalmente eliminando tante cose dalla mia casa al mare che per tanto tempo non riuscivo a lasciar andare: questo mi provoca un sacco di energia. In questa casa ho passato dei momenti bellissimi ma anche bruttissimi, ma con i miei figli abbiamo deciso di venderla e di trasferirci in campagna», commenta Cavallari, protagonista insieme a Giuseppe Zeno della seconda stagione di Storia di una famiglia perbene, la fiction di Canale 5 diretta da Stefano Reali che la vede nel ruolo di Teresa, una donna forte che il marito custodisce in una campana di vetro.
Come si sente a liberare la casa al mare dal superfluo?
«Molto bene perché, anche se è stato difficile, era arrivato il momento giusto per liberarsi da alcune cose. Mi piacerebbe lasciare solo l’essenziale».
Un po’ come Teresa in Storia di una famiglia perbene: anche lei si vuole liberare di qualcosa.
«Per fortuna qualcosa con suo marito sta cambiando, anche se apprezzo la sua determinazione silenziosa. Purtroppo di mariti che non fanno uscire di casa le mogli ci sono ancora, ma Teresa ha ritrovato la forza di volersi bene».
A lei quando è capitato di volersi bene?
«La mia empatia mi ha portato a capire troppo gli altri e poco me stessa. Volersi bene sembra una cosa scontata, ma non lo è affatto. Sia per l’educazione che per quello che ci è capitato. È importante che le donne capiscano che non è mai troppo tardi e non bisogna mai sentirsi stupide per non essersi volute bene prima. Ognuno ha il proprio percorso».
Quando ha sentito che qualcosa stava cambiando, in questo senso, per lei?
«Per molto tempo non mettevo dei limiti e c’erano tante cose che non mi piacevano ma che comunque accettavo perché pensavo di essere abbastanza forte per sopportarlo. Dopo un po’ ho finalmente imparato ad ascoltarmi veramente e a dire di no: lì è cambiato tutto».

Che ruolo ha avuto l’ascolto nella vita di Simona Cavallari?
«È stato tutto. Già da bambina ascoltavo tanto e rubavo sui set con gli occhi».
Che bambina era?
«Vivevo nel mio mondo, sempre con la testa tra le nuvole. Ero molto silenziosa».
Ha iniziato a lavorare giovanissima: voleva essere vista?
«Al contrario, ed è per questo che non è stato facile. Ricordo ancora lo shock il giorno dopo l’uscita de La Piovra, che era stato visto da 18 milioni di telespettatori. Improvvisamente entravo in un ristorante e tutti si giravano verso di me: è stato un trauma, ero timidissima».
Cosa l’ha portata, però, a esporsi così tanto scegliendo la recitazione?
«Penso il talento, perché sono sempre stata a mio agio sul set. Frequento, invece, più difficilmente altri ambienti perché non sono abbastanza scaltra e ho sempre paura di dire la cosa sbagliata. A parte tutto, recitare è la mia vita. Il contorno, invece, mi costa molta fatica».
È diventata ciò che voleva essere da bambina?
«Da bambina sognavo di diventare una ballerina classica: il fatto che in casa non erano d’accordo è stato il mio primo grande dispiacere. Avevo anche il fisico giusto, ma purtroppo non è andata, anche se per molto tempo l’ho vissuta come un’ingiustizia. Forse dovevo combattere di più».