La Promessa non è più un semplice focolare; è diventata un campo di battaglia dove i sussurri uccidono, gli abbracci celano pugnali e i morti reclamano giustizia. Questa volta, la verità non potrà essere soffocata. L’episodio si apre con una tensione palpabile, un’atmosfera carica di presagi e rivelazioni che minacciano di scuotere le fondamenta di questa maestosa dimora, rivelando l’oscura rete di segreti e tradimenti che si annidano tra le sue mura.
Curro: La Disperata Ricerca di Giustizia per Jana
Curro Expósito, dilaniato dal dolore e dalla rabbia per la morte della sorella Jana, si getta in una ricerca disperata della verità. Ogni alba è una tortura rinnovata; l’immagine di Jana, la sua gioia spezzata, i suoi occhi pieni di vita ora chiusi per sempre, lo perseguita in veglia e nei rari sogni agitati. La ferita non si rimargina, ma si infetta, alimentata dall’impotenza e da una sete di giustizia che lo consuma.
La sua intuizione, quella voce interiore che raramente lo ha ingannato, si è trasformata in un grido assordante dopo le frammentarie ma cruciali rivelazioni di Lope, che a sua volta ha colto gli echi di una conversazione di Trini. È stata poi Pía Adarre, la governante dallo sguardo penetrante e dall’anima temprata, a estrarre, con la precisione di un chirurgo, il nome del tumore che minaccia di divorare la poca pace rimasta: Jacobo de Belmonte.
Jacobo. Il nome risuona nella mente di Curro come una campana funebre. Il promesso sposo di sua cugina Martina, l’uomo che si muove per La Promessa con un’eleganza studiata, un sorriso perenne che sembra più una maschera che un’espressione genuina. Curro ha iniziato a scrutare quella facciata, a cercare le crepe, e ciò che intravede dietro gli gela il sangue nelle vene. “Non può essere, non può essere,” si ripete Curro, percorrendo i giardini dove Jana amava tanto passeggiare. Ma ogni negazione è un altro colpo di quella certezza che si fa strada.
Manuel e la Truffa di Toño: Un Affare Torbido
Mentre Curro lotta con i suoi demoni interni, Manuel Luján, il giovane marchese, affronta il suo labirinto di inganni. La presunta imboscata subita da Toño, il suo nuovo e alquanto opaco socio in un nascente affare aeronautico, puzza di marcio fin dall’inizio. Manuel, di natura fiduciosa ma non ingenua, ha cercato di credere alla versione istrionica di Toño, ma i dettagli non collimano, le scuse sono deboli. Il sergente Froilán Burdina, un uomo la cui parsimonia di parole è leggendaria ma la cui reputazione di segugio implacabile lo precede, è la sua unica carta. La rivelazione di Burdina riguardo a Toño colpisce Manuel con la forza di un treno. La fiducia, così difficilmente concessa, si è disintegrata, lasciando un sapore amaro di inganno e stupidità. Come ha potuto essere così cieco? Decide, con una freddezza che sorprende persino il sergente, di stare al gioco di Toño. Vuole vedere fin dove arriva la sua sfacciataggine, vuole raccogliere più prove, se possibile, affinché la caduta del suo “socio” sia rovinosa ed esemplare. Manuel, stanco della farsa, affronta finalmente Toño. Il confronto è breve e brutale. Toño balbetta una patetica confessione su debiti di gioco, sulla necessità di ottenere denaro facile. Manuel prova un profondo disgusto. “Vattene da La Promessa e non incrociare mai più la mia strada se tieni alla tua misera vita,” sentenzia.
Intrighi e Relazioni Fragili tra i Domestici
Nei domini del servizio, la vita quotidiana cerca di mantenere il suo ritmo, ma la corrente sotterranea di tensione pervade ogni cosa. Lope, leale scudiero di Curro nelle sue afflizioni e amico incondizionato, tenta di creare un manto di normalità attorno a Vera, la domestica che è riuscita ad accendere una luce nel suo cuore malinconico. La collana di presunti smeraldi, eredità della misteriosa benefattrice Esmeralda, è stato il suo goffo tentativo di corteggiamento. Ma Vera, la cui delicata bellezza nasconde una mente acuta, non si lascia ingannare facilmente. La delusione sul volto di Vera è un duro colpo per Lope, che si sente doppiamente truffato e in colpa per averla illusa.
Non molto lontano, nell’infermeria improvvisata, la relazione tra Rómulo Baeza, il maggiordomo la cui rettitudine è inflessibile quanto il suo portamento, ed Emilia, l’infermiera la cui compassione è un balsamo per i malati de La Promessa, si intreccia con i fili di un passato agrodolce. Un amore giovanile, troncato dalle convenzioni e dai malintesi, ora riacceso dalla vicinanza e dalla mutua ammirazione. Ma proprio quando Rómulo crede di aver finalmente trovato un porto di pace nella rinnovata vicinanza con Emilia, lei gli assesta il colpo. “Rómulo, devo lasciare La Promessa,” annuncia una sera, la sua voce appena un sussurro. “Ci sono questioni del mio passato che devo risolvere, verità che non ti ho confessato e che mi impediscono… mi impediscono di restare.” Il mondo di Rómulo vacilla. La felicità, ancora una volta, gli sfugge.
Manipolazioni e Nuove Minacce: Eugenia e Lisandro
La felicità è un bene scarso a La Promessa. Adriano e Catalina, il cui matrimonio è nato per convenienza ma è fiorito in un affetto genuino, si trovano assediati dalla velenosa figura di Don Lisandro Aguirre, il Duca di Carvajal y Cifuentes. Un uomo la cui arroganza è superata solo dalla sua crudeltà e dal suo evidente disprezzo per Adriano, che considera un arrampicatore sociale.
Ma la minaccia più insidiosa, quella che si muove con la sottigliezza di una vipera tra le ombre, è Leocadia. Zia dei Luján, il suo volto, spesso composto in una maschera di preoccupazione familiare, nasconde un’ambizione smodata e un cuore di ghiaccio. Alleata con il servile Lorenzo, il capitano de la Mata, e ora con lo stesso Lisandro, il suo obiettivo è chiaro: il controllo assoluto de La Promessa, della sua fortuna e del suo destino.
Eugenia, la sorella di Cruz, la Marchesa di Luján, con la sua mente fragile e la sua posizione vulnerabile, è la pedina chiave nel loro macabro gioco. La tortura a cui sottopongono Eugenia è una discesa all’inferno. Leocadia, con la dolcezza di un angelo caduto, le sussurra all’orecchio storie distorte su Cruz, su presunti complotti per diseredarla, per rinchiuderla definitivamente. Lorenzo, dal canto suo, esegue la parte più sordida del piano. Il balsamo che dovrebbe alleviare i dolori reumatici di Eugenia viene sistematicamente contaminato con piccole dosi di laudano e altre sostanze che annebbiano il giudizio e provocano allucinazioni.
María Fernández, la domestica dalla lingua affilata e dal cuore d’oro, ha intercettato uno sguardo tra Leocadia e Lorenzo che le ha gelato il sorriso. E poi, la scoperta nella stanza di Samuel, il giovane e tormentato sacerdote: una lettera sigillata con il sigillo del vescovado, il cui contenuto poteva solo essere presagio di sventura. Leocadia e Lorenzo hanno perfezionato la loro tortura psicologica. L’uscita a Luján, che avrebbe dovuto essere un respiro, si trasforma in un’altra opportunità per i suoi aguzzini. Leocadia, con una crudeltà squisita, inizia a parlarle dei futuri bambini di Catalina, insinuando che forze oscure li minacciano, che solo Eugenia, se si mantiene “lucida” e obbediente ai suoi consigli, potrà proteggerli. La miscela di terrore e un perverso senso di responsabilità stanno distruggendo gli ultimi rimasugli della lucidità di Eugenia. I suoi occhi, un tempo brillanti, ora sono opachi, persi.
Un giorno, il grido straziante di Teresa, una delle domestiche più giovani, rompe la tesa calma de La Promessa. “Correte! Donna Eugenia… ha attaccato il capitano Lorenzo!” Teresa irrompe nell’ufficio, pallida come un fantasma. Trovano Eugenia rannicchiata in un angolo della sua stanza, tremante, mentre Lorenzo, con un graffio sulla guancia e i vestiti leggermente disordinati, si ricompone a fatica, lanciando sguardi furiosi alla donna. Leocadia compare come per magia, avvolgendo Eugenia in un abbraccio falsamente protettivo.
La Scatola Nera: La Verità di Jana Viene alla Luce
La tensione a La Promessa è una bestia in agguato, pronta a balzare. Curro sente che la verità su Jacobo è a portata di mano, ma gli manca il pezzo tangibile, la prova inconfutabile che lo smascheri davanti a tutti. L’immagine di Jacobo, con il suo sorriso incantevole e i suoi occhi freddi come il ghiaccio, è diventata un’ossessione che lo consuma giorno e notte.
In una notte di tempesta, Curro, spinto da una forza che non può controllare, si dirige furtivamente verso l’ala degli ospiti, dove alloggia Jacobo. Il cuore gli batte forte contro le costole. Sa che rischia di essere scoperto, che le conseguenze potrebbero essere terribili, ma l’immagine di Jana che chiede giustizia lo sprona. La porta della stanza di Jacobo è socchiusa. Curro si intrufola.
All’interno di una pesante valigetta di pelle, nascosta in un compartimento laterale e avvolta in un fazzoletto di seta, trova qualcosa che gli gela il sangue: la spilla d’argento a forma di farfalla di Jana. È leggermente piegata, come se fosse stata strappata con violenza. Accanto alla spilla, un piccolo diario con copertine di pelle scura, con le iniziali J.E. incise in oro. Il diario di Jana. Curro sente l’aria mancare. Nelle ultime pagine, trova ciò che cerca, ciò che teme.
“Jacobo si comporta in modo strano. Mi osserva. Oggi l’ho visto vicino al vecchio padiglione di caccia, parlare con un uomo che non riconoscevo. Sembravano discutere animatamente su dei documenti. Quando mi ha visto, Jacobo è impallidito e ha riposto in fretta i documenti. Poi mi ha sorriso, ma il suo sorriso non raggiungeva i suoi occhi. Ha detto che erano questioni senza importanza di Martina.” Pochi passi più avanti, la calligrafia è tremolante, urgente: “Sono tornata al padiglione. Ho trovato questo (un piccolo schizzo di una chiave intricata è disegnato a margine). Era nascosto sotto una piastrella allentata. Jacobo mi ha visto uscire. Questa volta non ha sorriso. Mi ha afferrato il braccio, forte. Mi ha detto di non intromettermi, che sono solo una semplice cameriera curiosa e che la mia curiosità potrebbe costare cara. Ha menzionato il suo impegno con Martina, la sua posizione. Ha detto che nessuno avrebbe creduto alle mie fantasie. Ho paura, Curro. Una paura terribile. Credo di aver scoperto qualcosa che non dovevo.”
Sotto, l’ultima annotazione, scritta con tratti quasi illeggibili: “Orchidea nera. Giardino posteriore. Scuderie. Mi ha dato appuntamento lì. Dice che vuole spiegare tutto. Non mi fido di lui.”
L’orchidea nera. Il luogo esatto dove avevano trovato il corpo senza vita di Jana. Il sangue abbandona il volto di Curro. La spilla strappata, il diario rubato, l’appuntamento mortale. I pezzi si incastrano con una precisione spaventosa. Jacobo non solo ha minacciato Jana, ma l’ha attirata in una trappola per silenziarla definitivamente.