In un’atmosfera carica di disperazione e determinazione, la trama si addensa attorno a Reyan e al suo anziano nonno, in un disperato tentativo di ritrovare Miran. Le ombre del passato non accennano a dissiparsi, e le nuove minacce si profilano all’orizzonte, mettendo a dura prova i legami familiari e la speranza stessa.
Il Grido Disperato di Reyan
La scena si apre con una Reyan sconvolta e consumata dal dolore, il cui volto porta i segni di un’angoscia insopportabile. Il nonno, visibilmente preoccupato, si avvicina a lei chiedendo il perché della sua fuga precipitosa. Reyan, con una voce spezzata ma intrisa di una feroce determinazione, rivela la sua profonda sofferenza: “Mi è già successo qualcosa di terribile, nonno. Ho perso uno dei miei figli.” Questa affermazione, carica di un dolore inimmaginabile, è la chiave per comprendere la sua impellente necessità di agire.
La sua priorità assoluta è ora il figlio che le resta, e per lui, non permetterà che venga lasciato senza padre. “Chiederò conto a quella donna,” dichiara Reyan, riferendosi a Füsun Aslanbey, la cui ombra minacciosa incombe sulla loro vita. La richiesta a suo nonno è perentoria: non la fermi. La sua determinazione è tale che non ammette ostacoli, neanche da chi la ama di più. È una donna che ha perso molto e che ora è pronta a combattere con tutte le sue forze per ciò che le resta.
Il Nonno: Promesse di Vendetta e Protezione
Il nonno, un uomo di saggezza e profonda esperienza, tenta inizialmente di dissuadere Reyan, avvertendola che Füsun non le dirà la verità. Egli propone di affrontare Füsun personalmente, ma Reyan lo incalza: “Parlale. Tu lo hai chiamato mio nipote, lo hai accettato. Chiedigli, nonno. Io non so dove sia mio marito. Puoi dirmi dov’è tuo nipote?” Le sue parole sono un misto di implorazione e sfida, un appello diretto alla sua responsabilità e al suo amore per Miran.
“Vai, mettila sotto pressione. Chiedile conto, nonno. Se Miran è con lei, devi salvarlo. Devi portare Miran,” dice Reyan, rivelando la sua profonda paura e il suo desiderio di porre fine a questa angoscia. “Sono stanca di vivere con queste paure.” La donna ricorda al nonno la loro fuga, prima da lui stesso, poi da Azize, poi dallo zio, e ora la minaccia incombente di Füsun che sta rovinando le loro vite.
Il nonno, colpito nel profondo dalle parole di Reyan, ammette la sua colpa: “Io sono l’unico colpevole di tutto ciò che hai vissuto. Sono io che ti ho dato questo dolore. Dio ti ha messo nelle mie mani, ma non ho saputo prendermi cura di te. Non ho potuto proteggerti.” La sua confessione è un momento di vulnerabilità, rivelando il suo rimorso per gli errori passati. “Solo a questa età ho imparato a essere padre, a essere nonno. Solo a questa età tu mi hai insegnato tutto.”
In un crescendo di emozione e determinazione, il nonno promette di rimediare a tutti i suoi errori. “Ora tutto ciò che ho distrutto, lo sistemerò io. Ti prometto che sistemerò tutto per te. Tutti coloro che ti hanno fatto versare una lacrima dovranno rispondere uno per uno. Ti prometto che tutti loro dovranno rendermi conto.” È una promessa solenne di vendetta e giustizia, ma anche di protezione incondizionata. Il suo obiettivo primario è portare Reyan a casa e affrontare Füsun. “Se Miran è con lei, io andrò e te lo porterò, anche se questo mi costasse la vita, figlia.” E poi, con una determinazione feroce, aggiunge: “E dopo, Reyan, faremo crollare la villa Aslanbey sulle loro teste.” Un impegno che sottolinea la sua intenzione di smantellare le radici del male che hanno afflitto la sua famiglia.
Azize: Intrappolata nell’Oscurità e nella Disperazione
La scena si sposta bruscamente, catapultandoci in un ambiente claustrofobico e buio, da cui si odono solo echi e voci distorte. Una voce, carica di disprezzo e rabbia, urla: “Chi c’è? Chi c’è? Fatti vedere. Voglio vedere la tua faccia, codardo. Chi c’è?” L’atmosfera è carica di tensione, rivelando la prigionia di Azize Aslanbey.
La voce continua, riconoscendo la sua aguzzina: “Füsun, Füsun, sei pazza? Füsun, so che sei tu. Solo tu puoi essere. So che sei tu. Prima hai avvelenato Reyan e poi mi hai gettato in questo pozzo per eliminarmi. Tu mi hai messo qui. So che sei stata tu, ma non mi eliminerai, non mi abbatterai.” L’accusa è diretta, piena di una rabbia furibonda che si è trasformata in ossessione. Azize è consapevole del piano di Füsun e della sua crudeltà.
Nonostante la sua prigionia, Azize non si arrende. La sua sete di vendetta è la forza che la tiene in vita. “Quando uscirò da qui, ti strapperò il cuore e lo farò con le mie stesse mani. Non potrai sfuggire al mio odio, Füsun. Nessuno potrà salvarti.” Queste parole rivelano una determinazione implacabile, un desiderio di rivalsa che trascende la sua attuale disperazione.
La Preghiera di Azize: Un Appello alla Vita
Nell’oscurità del pozzo, Azize si abbandona a una preghiera straziante, un grido disperato rivolto a Dio. La sua voce, rotta dal dolore e dalla paura, supplica: “Per favore, Signore, non abbandonarmi ora. Per favore, aiutami a uscire di qui.” Non è solo per sé stessa che chiede aiuto, ma per la sua famiglia. “Ho bisogno di aiutare la mia famiglia. Non abbandonarmi.“
La sua supplica diventa ancora più profonda e commovente: “Ti offro la mia anima, ma salva la mia famiglia, per favore. So di non avere il diritto di chiederti nulla, ma ti imploro. Mio Dio. Non abbandonarmi.” Questa preghiera rivela un lato di Azize raramente mostrato, una vulnerabilità che emerge solo di fronte alla morte. Il suo ultimo desiderio è legato al figlio: “Per favore, Signore, lasciami sentire la voce di mio figlio. Non togliermi la vita prima di sentirlo chiamarmi ‘madre’. Per favore, non togliermi la vita, Signore.” Un desiderio straziante che sottolinea il suo amore materno e il suo profondo rimpianto per un legame mai pienamente vissuto.
Questo estratto è un concentrato di emozioni e dramma, che spinge la trama verso un climax inevitabile, dove la vendetta, l’amore e la disperazione si scontrano in un conflitto che minaccia di distruggere o di salvare le vite dei personaggi.