La giornata si apre con una quiete apparente nella villa della famiglia Soydere. Dopo settimane di conflitti e segreti, Serra, ora incinta di Tolga, si mostra serena e fiduciosa. Sta cercando di ricucire i rapporti con Guzidè e Yesim, nonostante il dolore per la morte del suo amato. Ma questa serenità viene bruscamente infranta da un evento tragico.
Durante una conversazione accesa con Ipek, Serra si avvicina alla ringhiera della scalinata centrale. Ipek, visibilmente nervosa, sembra spingerla con le parole oltre il limite. I toni si alzano, poi un urlo: Serra perde l’equilibrio e precipita dalle scale, sotto gli occhi terrorizzati di Oylum.
L’urlo di Serra scuote tutta la casa. Viene subito chiamata un’ambulanza. La donna è priva di sensi, perde sangue e viene trasportata d’urgenza in ospedale. I medici la stabilizzano, ma il timore più grande è per il bambino che porta in grembo. Guzidè è distrutta. Oylum è sotto shock. Ma Ipek… scompare nel nulla.
Pochi minuti dopo, arriva un altro colpo devastante: il neonato di Nihan ed Emir è sparito. Era nella culla al piano superiore, ma quando Oylum va a controllare, il piccolo non c’è più. Le stanze vengono perquisite, le porte chiuse. È ufficialmente un rapimento.
Il panico si diffonde. La polizia viene chiamata. Tutti si guardano con sospetto. Nessuno è uscito. Nessuno è entrato. L’unica persona scomparsa da minuti è Ipek. Il sospetto si fa immediato e terribile.
Nel frattempo, in ospedale, Serra riprende conoscenza. Le sue prime parole sono sussurrate e confuse, ma accusa chiaramente Ipek:
“Mi ha detto… che il bambino… non sarebbe mai nato… poi… sono caduta…”
La dichiarazione getta benzina sul fuoco. Se confermata, si tratterebbe di tentato omicidio. Sezai, furibondo, mobilita tutti i suoi contatti per trovare Ipek. Anche Oltan, informato della situazione, si mette in moto: non può permettere che uno scandalo del genere danneggi il nome della famiglia.
Ma il peggio deve ancora arrivare.
Poche ore dopo, la polizia riceve una telefonata anonima: un neonato piange in un magazzino abbandonato nei pressi della zona portuale. Quando le forze dell’ordine arrivano sul posto, trovano effettivamente il piccolo Emir, avvolto in una coperta, fortunatamente sano.
Accanto a lui, una lettera scritta a mano:
“Non volevo fargli del male. Volevo solo proteggerlo da un futuro di bugie, odio e dolore. Non sono una cattiva madre. Ma nessuno mi ha lasciato altra scelta.”
– I.
La lettera non firma esplicitamente il nome, ma è evidente che sia di Ipek. La sua scomparsa diventa ora una vera e propria caccia all’uomo. Guzidè, distrutta dal dolore e dalla rabbia, urla davanti a tutti:
“Non dovevo mai fidarmi di lei! Ha rovinato tutto!”
Nel frattempo, Serra si riprende lentamente. I medici le comunicano che il bambino è salvo, ma lei dovrà restare a letto per tutta la gravidanza. Quando riceve la notizia del rapimento del figlio di Nihan, il volto di Serra si indurisce:
“Questa guerra non è finita. E se Ipek ha toccato quel bambino… pagherà.”
La scena si sposta poi su una figura femminile incappucciata, che cammina in una stazione degli autobus. Non vediamo il volto, ma la postura, i gesti nervosi… è Ipek. Sta fuggendo, ma qualcosa la blocca. Guarda una foto di Tolga sul telefono. Le sue mani tremano. E sussurra:
“Perdonami, ma non avevo scelta…”