Nel silenzio inquietante della sera, tra i corridoi freddi della tenuta Yelusque, un’aria carica di tensione si insinua come una nebbia sottile. Le note di una melodia cupa risuonano nell’aria, mentre la domanda si ripete come un’eco nelle menti dei presenti: “Dove sono?”.

La signora Fusun attende. Il suo sguardo è fisso, il volto impassibile come una maschera scolpita. Non si agita, non mostra fretta. Perché sa. Sa che il momento tanto atteso sta per arrivare. Sa che la vendetta – quella fredda, silenziosa e letale – è ormai alle porte. “Stanno arrivando. Sono in cammino”, le sussurra qualcuno, e un accenno di sorriso si disegna sulle sue labbra. Un sorriso che non promette pietà.

Dall’altra parte, Miran è in marcia. Non è un incontro voluto. È stato convocato. E quando arriva alla villa, lo dice chiaramente: “Non sono qui per piacere”. Il suo sguardo è duro, i passi decisi. Miran, l’uomo che ha lottato contro i fantasmi del passato, ora si trova davanti a un enigma nuovo. Fusun lo attende come un ragno al centro della sua tela. Ma Miran non è più il ragazzo impulsivo. O forse sì?

“Qual è l’argomento di cui voleva parlarmi?”, chiede lui con tono tagliente.

Ma Fusun non risponde subito. Come ogni giocatrice esperta, ama allungare il silenzio. Ama guardare l’avversario cercare risposte nel vuoto. Poi, con voce calma, quasi dolce, lo colpisce con una frase agghiacciante:

“Non voglio niente. Tu, invece, hai sempre voluto solo una cosa per tutta la vita. Mi sbaglio?”

Miran non si lascia intimidire. “Non giochi con me, signora Fusun. Dica ciò che deve dire.” Ma dentro di lui qualcosa si incrina. Perché Fusun conosce il suo passato. Conosce i suoi desideri più profondi. Conosce il dolore che lo ha reso ciò che è.

E allora lo colpisce con un’altra verità: “Tu meriti qualcosa di più. E io te lo darò.”

Una frase ambigua, che può essere promessa o minaccia. E mentre le sue parole si disperdono nell’aria, Fusun annuncia l’arrivo di un ospite. Qualcuno che viene per lui. Qualcuno che potrebbe cambiare il suo destino. “Sta arrivando.”

La tensione sale. La musica si intensifica. E per la prima volta, Miran – il cacciatore – ha l’espressione di chi si accorge di essere diventato preda.

Cosa nasconde davvero Fusun? Chi è l’ospite misterioso? Un vecchio nemico? Una figura del passato che Miran pensava sepolta? O forse… una verità che lo spezzerà?

In quel momento, i flash del passato si accendono nella mente di Miran. I torti subiti. Le bugie su cui ha costruito la sua vendetta. La morte di sua madre. Le manipolazioni di Azize. E poi Reyyan, il suo amore, la sua redenzione. Tutto ciò che ha combattuto per proteggere rischia ora di sgretolarsi.

La signora Fusun lo osserva con occhi fissi. È lei a controllare il tempo e lo spazio in quella stanza. E Miran, nonostante la sua forza, capisce che sta entrando in un gioco di cui non conosce le regole.

La villa è silenziosa. Troppo silenziosa. I passi si avvicinano. Fusun si alza. Le ombre si allungano sulle pareti. La trappola è pronta a scattare.

In lontananza, il rumore di un’auto. Poi un portone che si apre. E mentre Fusun si volta con lentezza, Miran si irrigidisce. Il battito del cuore accelera. L’ospite misterioso è arrivato.

Chi è? Cosa vuole?

Fusun sorride. E con una calma glaciale, pronuncia una frase che chiude il cerchio:
“Così finirà la tua storia.”

Perché a La Promessa, la vendetta ha un prezzo. E a volte, quel prezzo è la verità. Una verità troppo pesante per essere sopportata, troppo velenosa per essere ignorata.