La quiete, così faticosamente conquistata, si sgretola in un istante, gettando ancora una volta Miran e Reyyan nel baratro dell’incertezza e della disperazione. Miran si trova nel luogo dell’appuntamento segreto con Zera, un lago che avrebbe dovuto essere teatro di chiarimenti, ma che si trasforma rapidamente nella scena di un’accusa terrificante.

Un Ritrovamento Inquietante

Miran attende ansiosamente, la mente tormentata dal motivo per cui Zera lo abbia chiamato. Era sicuro che l’avrebbe trovata lì, nel luogo concordato. “Lei doveva aspettare qui. Qui. Io l’ho lasciata qui. Voleva parlare con te,” mormora, cercando invano la presenza di Zera. Il silenzio assordante del luogo amplifica la sua angoscia. Non c’è nessuno. Poi, un ritrovamento agghiacciante: un oggetto personale di Zera. “Lei indossava questo. Sei sicuro?” chiede una voce ansiosa in sottofondo, probabilmente quella di Reyyan. “Sì,” risponde Miran, la conferma di una presenza che ora è svanita.

La Crescente Tensione e i Sospetti

Reyyan, visibilmente scossa, implora Miran di chiamare Zera di nuovo, di contattare il nonno. La sua voce è un sussurro di paura. “Miran. Signora Zera, lei non mi risponde, figlia. Le ha fatto qualcosa,” dice una voce, forse quella di Handan, cercando di calmarla. Ma la preoccupazione di Reyyan è palpabile. “No, figlia, non trarre conclusioni così in fretta. Forse non è come pensi. Guarda, chiameremo tuo padre e sapremo cosa è successo.” Ma Reyyan è irremovibile, il suo timore si trasforma in certezza. “Nonno, lui ha fatto qualcosa. Sarà un assassino. Lo sarà. Tu non hai visto il modo in cui è uscito. Non l’hai visto. Ti prego, Miran, ti prego.” Le sue parole sono un presagio cupo, un’ombra minacciosa che si allunga su Miran.

L’Arrivo della Polizia Militare

Miran, scosso dalle accuse implicite, cerca di difendersi. “Figlio, non l’hai vista così quando venivi qui, vero?” chiede una voce, probabilmente quella di Hazar. “No, io non ho visto nessuno,” risponde Miran, la sua innocenza vacilla sotto il peso delle circostanze. “Allora, chi ha fatto qualcosa alla signora Zera?” chiede la stessa voce. “Non lo so, ma io non le ho fatto nulla. Allora, non aspettiamo. Dobbiamo cercarla. Forse è ferita. Forse ha bisogno di aiuto.” Miran cerca di prendere in mano la situazione, ma Hazar, con una strana lucidità, si domanda: “Papà, perché dobbiamo cercare Zera? Non capisco. Mio figlio dice di non aver fatto nulla.”

L’arrivo della polizia militare interrompe bruscamente ogni discussione. Il loro ingresso è improvviso, quasi un’irruzione, e porta con sé un’aria di ineluttabilità. “Buonasera, signor Nasu,” saluta il comandante, una formalità che non nasconde la gravità della situazione. “Buonasera, comandante.”

L’Accusa di Omicidio

“Cosa succede, comandante?” chiede Nasu, cercando di mantenere la calma. La risposta del comandante è un fulmine a ciel sereno: “Signor Miran, è stato denunciato. È in arresto per omicidio su ordine dell’ufficio del procuratore.”

Le parole piombano come macigni. “Cosa sta dicendo? Di quale denuncia parla? Cosa sta succedendo qui?” Miran, in stato di shock, non riesce a credere alle sue orecchie. Le voci si accavallano, cariche di incredulità e disperazione. “Calmati. Lo stanno arrestando per omicidio. Aspettate. Calmati, per favore. Calmati. Questo è un malinteso. No, papà, papà, esco. Reyyan. Va bene, va bene. Cosa state facendo? Cos’è questo? Comandante, comandante, non ci conoscete? Non sapete chi siamo?”

Reyyan, disperata, si aggrappa a Miran, il suo cuore in mille pezzi. “Comandante, questo non può essere serio. Questo è un errore. Tranquilla. Andremo. Miran, non calmarti. Io non ho fatto nulla. Non ho fatto nulla. Non ci conoscete. Questo è un errore. Tranquilla, tranquilla. Questo è solo un errore. È solo un errore. Tranquilla, devi stare tranquilla.” Le parole di conforto si mescolano a quelle di disperazione, creando un coro di angoscia.

La Minaccia di Mahmut e la Fuga

Ma qualcuno, nascosto nell’ombra, si gode la scena. Una voce sinistra, piena di trionfo, si leva: “Te l’ho detto. Io non sono come nessun altro. Vedrai come sarà il gioco d’ora in poi.” Si sente un applauso, e la musica in sottofondo amplifica il senso di un complotto ben orchestrato.

Nel frattempo, altrove, una frenetica attività. “Mahmud, Mahmud, su. Forza, stanno arrivando. Su, su. Corri veloce. Dove sono andati? Andiamo veloci, dobbiamo trovarli. Andiamo. È un dirupo. Non c’è modo di scappare. Stanno arrivando.” La tensione è palpabile, una corsa contro il tempo per raggiungere un luogo sicuro, un tentativo disperato di sfuggire a un destino ineluttabile. Le loro speranze, come il dirupo, sembrano non avere via d’uscita.