Il silenzio cala sul palazzo de La Promessa. Le stanze, un tempo animate da intrighi e segreti, ora trattengono il respiro. Cruz Lluyan, la Marchesa, è in prigione. Tutti attendono il processo che potrebbe distruggerla definitivamente. Le prove sono schiaccianti, l’accusa determinata, e la verità – o almeno quella che tutti credono tale – sembra ormai definita.
Ma nulla è mai certo a La Promessa.
Il sergente Burdina ha chiuso le indagini: lettere, conti bancari, testimonianze indirette… tutto punta a Cruz come mandante morale dell’attentato a Giana. Una donna fredda, calcolatrice, pronta a tutto per difendere il proprio potere. Ma Alonso, suo marito, vacilla. “È colpevole?” si chiede con angoscia. “Oppure sta pagando per colpe non sue?”
Leocadia, astuta e manipolatrice, approfitta del momento. Si avvicina ad Alonso, fingendo empatia, seminando parole dolci e insinuanti: “Se hai bisogno di me, io ci sarò. Non sono Cruz, ma posso proteggere questa casa.” Alonso, ferito e confuso, la ringrazia, ignaro del piano oscuro che la donna sta tessendo nell’ombra.
Nel frattempo, Manuel, figlio di Cruz, è irremovibile: “Non è più mia madre. È un mostro. Voglio vederla pagare.” Le sue parole colpiscono Alonso come pugni. La famiglia Lujan si sta sgretolando. Eppure, una parte del Marchese continua a credere che Cruz non possa essere capace di una tale atrocità.
Il giorno del processo arriva. La sala è gremita. Giudici, avvocati, autorità. Tutti attendono il verdetto. Cruz entra in aula in manette, fiera ma visibilmente segnata dalla prigionia. Non piange, ma i suoi occhi parlano. Alonso è lì, pallido. Manuel, rigido come una statua. Catalina, in lacrime.
L’avvocato della Marchesa inizia una difesa puntuale, smontando ogni accusa fondata solo su deduzioni. “Cruz è stata dura, sì. Ma dove sono le prove concrete? Si può condannare una donna solo per la sua fama?”
Il giudice si prepara a leggere la sentenza. La tensione è insostenibile. Poi… un colpo di scena.
Le porte del tribunale si aprono con fragore. Giana entra, viva, decisa, con lo sguardo lucido. Tutti si alzano, sotto shock. Alonso sbianca, Manuel resta senza fiato, Cruz allarga gli occhi incredula. Giana cammina lentamente verso i giudici: “Chiedo la parola. Sono viva. E Cruz non è colpevole.”
L’aula esplode. Mormorii, lacrime, urla. Giana racconta tutto: ha finto la sua morte per salvarsi. Qualcuno la voleva eliminare, e non era Cruz. Era Leocadia. “Voleva prendere il suo posto. Ha orchestrato tutto. Ha sparato per zittirmi.”
I presenti si voltano verso Leocadia. Il suo volto è impietrito. Le guardie si avvicinano, le mettono le manette. Cruz si alza, sconvolta: “Volevi distruggermi!” Leocadia abbassa lo sguardo, sconfitta.
Ma… è tutto un sogno. Leocadia si sveglia di colpo, ansimante, sudata. Era un incubo. Ma forse, un presagio. Un segnale che i suoi piani malvagi potrebbero fallire.
La realtà però corre veloce. Il processo è alle porte. Cruz è davvero in prigione. Leocadia è sempre più vicina ad Alonso, manipolando i suoi dubbi con maestria. Manuel, distrutto dall’odio, vuole la condanna. E Cruz? Rinchiusa, sola, abbandonata persino da chi amava.
Il giorno dopo, Alonso cerca Manuel nelle stalle. Vuole parlargli. “È tua madre,” gli dice. Ma Manuel è glaciale: “Era mia madre. Ora è solo una colpevole.”
Il tempo scorre. Il giorno del processo arriva. Questa volta per davvero.
Cruz è condotta in aula. L’ambiente è teso, il giudice pronto a pronunciare il verdetto. Ma nessuna Giana irrompe, nessun miracolo accade. Solo silenzio. Solo attesa. Solo una verità che ancora sfugge.
E mentre la giustizia si prepara a colpire, Leocadia sorride nell’ombra. Il suo piano sta funzionando.
Ma il destino è instabile a La Promessa. E le ombre non possono nascondere la verità per sempre.